Nel secolo XIII la Repubblica di Genova, sempre alla ricerca di nuove rotte e merci allettanti, creo’ molte colonie e porti commerciali e militari nel Mar Nero settentrionale e lungo le coste intorno alla foce del Danubio, insediamenti utili per proteggere le rotte commerciali marittime. Tra i principali insediamenti citiamo Moncastro (Bilhorod-Dnistrovs'kyj – Bessarabia), Licostomo (Chilia Veche), Caladda (Galați), Costanza, San Giorgio (Giurgiu), Calafat, Vicina (Isaccea) e un altro San Giorgio (Sfântu Gheorghe).
L’origine delle denominazioni di queste colonie puo’ essere ovvia come San Giorgio, uno dei santi storici di Genova. Meno conosciuta l’etimologia di Calafat, localita’ dove lavoravano molti calafati, operai specializzati impiegati nelle costruzioni navali e nelle manutenzioni nautiche, addetti al calafataggio ovvero a rendere impermeabile all'acqua lo scafo di legno di una nave spalmandolo di catrame. Attirati da più facili guadagni e al seguito delle navi della Repubblica che ormai dominava il Mar Nero, i genovesi colle famiglie arrivarono a costituire forse anche il 10% della popolazione nella Romania costiera nei secoli XIII e XIV. Tutto termino’ con l’arrivo dei Turchi; parte dei sopravvissuti ritornò in Liguria, altri rimasero nell’area della Dobrugia (Dobrogea).
Altro importante flusso migratorio dall’Italia diretto in Romania, questa volta manovalanza in cerca di lavoro, avvenne sin dalla prima metà dell’ottocento, quando si stima che circa 130.000 italiani si trasferirono in Romania, la gran parte di loro provenienti dall’Emilia Romagna, dal Friuli e dal Veneto. Le prime partenze risalgono pare al 1821, quando alcune famiglie della Val di Fassa e della Val di Fiemme (nel Trentino) vengono condotte nei monti Apuseni, in Transilvania, a lavorare come tagliaboschi e lavoratori del legno per conto di un commerciante austriaco di legname.
Italiani in partenza per la Romania
Nel 1900 una grande comunità italiana si stabilisce a Piatra Neamt, lavoratori impegnati nei cantieri delle ferrovie, nelle miniere e nell’edilizia. Ricordiamo i capolavori, monumenti funerari, che hanno costruito per le famiglie nobiliari romene nel cimitero “Bellu” di Bucarest e l’”Eternità” di Iasi.
All’epoca fu redatto anche un Regio Manuale (1910) per l’emigrante Italiano che si spostava verso i Balcani e la Romania. Il Manuale era utile e fondamentale per conoscere le procedure burocratiche che permettevano l’accesso in Romania per motivi di lavoro. Il Regio Commissariato dell’Emigrazione, curatore del Manuale, raccomandava nella prefazione di seguire tutte le procedure descritte per evitare di essere rimandati in Italia. Quasi 100 anni dopo l’Italia chiedeva agli immigrati rumeni praticamente le stesse procedure burocratiche per il loro ingresso sul mercato del lavoro italiano.
Primi del '900 - Una famiglia italiana in Romania
Dopo la caduta del Comunismo, le piccole comunità italo-romene rimaste vennero riconosciute da parte del Governo Rumeno, attraverso lo “ Status” di minoranza linguistica.
Una fabbrica italiana in Romania
Arriviamo ai primi degli anni ’90: non più manodopera ma flusso di imprese. Bassi costi della manodopera (10 volte inferiore all’Italia), agevolazioni fiscali importanti e facile ingresso, portano le prime aziende italiane specializzate prevalentemente nel settore tessile, dell’abbigliamento e quello calzaturiero sul mercato romeno.
Nel 2012, su un totale di più di 176.000 aziende presenti in Romania, 30.802 erano aziende italiane (17,5%) e contribuivano con il 5 % al Pil della Romania e in termini occupazionali offrivano più di 800 mila posti di lavoro, circa il 10% della popolazione lavorativa attiva.
2015 - Un lavoratore italiano in Romania
Oggi. In un recentissimo servizio televisivo di una nota emittente italiana, viene intervistato un italiano che lavora in una fabbrica in Romania. “Ho 53 anni” dice“e chi mi assume in Italia a questa età? Qui ho trovato lavoro e una nuova vita”.
Flussi e riflussi.