Il mangiare bene secondo la tradizione romena significa mangiare come hanno mangiato i loro antenati per secoli, senza cambiare neanche una virgola, e questo, negli occhi degli altri, non è più un oldie ma è una cucina trendy e si chiama slow food.
La gastronomia di Transilvania ha raccolto durante la storia diversi ingredienti e culture che l’hanno resa celebra, non solo una volta.
Per secoli, al di là dei Carpazi, romeni, ungheresi, ebrei, armeni, sassoni e tutte le altre comunità etniche che vivevano là, sono riusciti ad arricchirsi reciprocamente la loro cultura gastronomica mantenendo, nello stesso tempo, la propria identità davanti alla pentola.
Nella Transilvania del secolo XVI nasce il primo libro di cucina dell’Ungheria scritto da un cuoco anonimo intitolato “Szokacs Tudomany”, tradotto in inglese come “Science of cookery, court cookbook of the Prince of Transylvania from the 16th century”. Dopo che ha cucinato per diverse personalità nobiliari e reali di quel tempo, il cuoco ha scritto un libro contente oltre 900 ricette che definisce la grandezza della cucina di quel epoca.
Il libro è molto importante per quanto riguarda l’eredità gastronomica della cucina di Transilvania da cui risulta l’uso delle salse a base di farina e paprika, l’utilizzo delle erbe come il finocchietto, il prezzemolo, il dragoncello, la maggiorana, il basilico, o le minestre in cui si mescolano la frutta alla carne, e così via.
La cucina di Transilvania arriva ad essere apprezzata come una cucina delle elite, contenendo anche piatti che avevano il nome di diversi regnanti romeni, nomi che sono stati in uso fino all’inizio de secolo XX. Una cosa è ovvia, e cioè, la fama della cucina di Transilvania è quella della quale usufruivano solo i conti, i principi e i borghigiani con uno statuto sociale elevato.
Bibiografia:
Valer Butură, Străvechi mărturii de civilizaţie românească, Ed. Ştiinţifică şi Enciclopedică, Bucureşti, 1989.
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